Il monachesimo e l’evangelizzazione dell’Europa

 

 

Un contributo fondamentale per l'evangelizzazione e la formazione dell'unità religiosa e culturale dell'Europa, venne soprattutto dal monachesimo che si sviluppò a partire dal IV secolo sul modello di quello primitivo orientale, che ebbe origine nella Tebaide, regione dell'Alto Egitto (III secolo).

Molti furono i cristiani desiderosi di appartenere solo a Dio e di “giungere a Lui, staccandosi dai beni terreni” (ascesi), vivendo nella solitudine della preghiera, nella contemplazione del Vangelo e nella penitenza. Vennero chiamati anacoreti (coloro che si ritirano in disparte, in grotte o capanne) o eremiti (coloro scelgono di vivere solitari, in luoghi deserti ed isolati, rendendo sacra la loro esistenza a Dio). Oltre alla forma eremitica, ci fu anche la forma cenobitica (cioè vita in comune, indica la comunità dei religiosi), propria di quei monaci (da monos cioè solo) che vivono in solitudine ma condividono con altri monaci, secondo una Regola, alcuni momenti della giornata, come la preghiera ed il pasto comune.

Proponiamo alla tua attenzione la figura di Sant'Antonio Abate, detto il Grande, considerato il padre fondatore dell'eremitismo in Oriente e la figura di San Benedetto da Norcia, fondatore del monachesimo occidentale benedettino.

 

 

Sant'Antonio Abate: esempio di monachesimo orientale

 

Sant'Antonio Abate (nato nel 250 a Qumans in Egitto - morto nel 356 a Tebaide) è l'esempio di cristiano che ha compiuto un severo cammino per sganciarsi dai lacci di questo mondo e per potersi elevare sempre più libero verso Dio.

 

File:Sant'Antonio Abate San Severo.jpg

Arcangelo Testa, Sant’Antonio Abate, sec. XIX, San Severo

 

Rimasto orfano verso i 18-20 anni, con un ricco patrimonio da amministrare e una giovane sorella da educare, decise di abbandonare tutto per amare totalmente Dio. Venduti i suoi beni e affidata la sorella ad una comunità di vergini, seguì l'esempio di alcuni anacoreti che vivevano nelle vicinanze. Dopo alcuni anni decise di rifugiarsi dapprima in un'antica tomba scavata nella roccia di una collina nei dintorni del villaggio di Cuma e successivamente sulle montagne del Pispir, in una fortezza abbandonata. Il suo intento fu quello di allontanarsi dalla gente che spesso andava da lui per consigli e soprattutto per vincere le tentazioni e i desideri che affioravano nella mente e che lo facevano dubitare della scelta di eremita.

Antonio decise per la prima volta di abbandonare il suo eremo nel 311, per recarsi ad Alessandria a sostenere e confortare i cristiani perseguitati per ordine dell'imperatore romano Massimino Daia. Egli fu risparmiato, forse perché incuteva rispetto e timore; la sua presenza fu determinante per l'amico Sant'Atanasio, vescovo di Alessandria, che nel frattempo si trovava a dover affrontare anche il problema dell'eresia ariana. Dopo l'Editto di Costantino (313 d.C.), che portò un po' di pace nell'Impero, Antonio Abate si ritirò nuovamente in solitudine nel deserto della Tebaide. Morì a 106 anni accudito da due monaci che nell'estrema vecchiaia gli stettero vicino. Molti monasteri sorsero in questa zona, fondati da persone desiderose di seguire il suo esempio. I suoi discepoli hanno tramandato la sua sapienza in 120 detti e le 20 lettere da lui scritte. Le sue reliquie vennero scoperte nel 561 e cominciarono un lungo peregrinare, giungendo nell'XI secolo in Francia a Motte Saint Didier, dove in suo onore fu eretta una chiesa.

 

 

San Benedetto da Norcia: esempio di monachesimo occidentale

 

San Benedetto da Norcia, patrono d'Europa dal 1964 per volere di papa Paolo VI, assieme ai Santi Cirillo e Metodio, che nel IX secolo si occuparono dell'evangelizzazione delle popolazioni slave, è considerato colui che diede la massima espressione al monachesimo in Occidente.

 

Piero della Francesca, San Benedetto, 1445, Pinacoteca Comunale, Sansepolcro.

 

Tre erano i principi fondamentali su cui egli si basò:

-         la stabilità del luogo: i monaci a differenza degli altri religiosi, oltre ai voti di obbedienza, castità, povertà, scelgono anche il monastero in cui vivranno stabilmente;

-         la scansione del tempo e dell'orario per non sprecarlo, suddiviso in preghiera e lavoro: la famosa Regola Benedettina “ora et labora” cioè “prega e lavora”;

-         l'assoluta uguaglianza per tutti nei diritti e nei doveri.

 

San Benedetto è ricordato per la Regola, espressione della Riforma benedettina, composta da un prologo e da 73 capitoli, che diede uniformità alla condotta di tutti monaci dei vari monasteri. Riportiamo alcuni passi del cap. 33 riguardo al voto di povertà:

 

Specialmente si tolga via dal monastero la viziosa abitudine per cui qualcuno presuma di dare qualcosa, o di ricevere, senza il permesso dell'abate, ossia di possedere qualcosa di proprio; ma nessuna cosa assolutamente può possedere, né un codice, né una tavoletta, né uno stilo, niente affatto, come quelli ai quali non è lecito che siano propri neppure il corpo, o la volontà di loro medesimi.