Massimiliano Kolbe e Edith Stein

 

Massimiliano Kolbe

 


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Raimondo Kolbe nasce l’8 gennaio 1894 a Zdunska-Wola, vicino a Lòdz, nel centro della Polonia, all’epoca spartita tra Russia, Germania ed Austria. Entrò da ragazzo presso il convento dei frati francescani, ne prese i voti e venne ordinato sacerdote nel 1918. Fu sua ferma convinzione che gli strumenti di comunicazione di massa dovevano essere messi al servizio della predicazione cristiana per diffonderla a tutti. Fondò pertanto la rivista “Il Cavaliere dell’Immacolata”. Con l’avvento del nazismo venne imposta la sospensione di ogni attività editoriale. Massimiliano Kolbe si impegnò a denunciare ogni forma di ingiustizia e ciò comportò il suo arresto il l7 febbraio 1941. Venne trasportato ad Auschwitz nel maggio dello stesso anno.

Il suo internamento non durò a lungo: alla fine di luglio i soldati tedeschi scelsero 10 uomini cui far scontare la punizione per la fuga di un prigioniero. Uno di questi fu Francesco Gajowniczek, un padre di famiglia che chiese di poter rivedere i suoi figli. Padre Kolbe non ebbe esitazioni: si offrì al comandante come sostituto di quello sconosciuto. La proposta venne accettata, così il prete francescano scese con le altre vittime nel bunker dove fu condannato a morire di stenti. Ripeteva ai compagni di prigionia:

L’odio non è forza creativa; solo l’amore crea... Queste sofferenze non ci spezzeranno, ma ci aiuteranno a diventare sempre più forti. Sono necessarie, insieme ai sacrifici degli altri, perché chi verrà dopo di noi possa essere felice”.

Dopo quasi due settimane trascorse a pregare e a consolare i compagni morenti, i nazisti pongono fine alla sua vita con una iniezione di acido fenico. Il suo corpo fu bruciato nel crematorio di Auschwitz e le sue ceneri disperse il 15 agosto 1941, giorno dell’Assunzione. Massimiliano Maria Kolbe, viene proclamato santo e martire della carità il 10 ottobre 1982, da Papa Giovanni Paolo II.

 

 

Attività

Drammatizza il momento in cui Padre Massimiliano Kolbe sceglie di morire al posto di Francesco Gajowniczek.

 

Campo di concentramento di Auschwitz, luglio 1941. Da poche ore uno dei prigionieri del blocco 14 è riuscito a fuggire. Il comandante del lager, Fritsch, ordina che per ogni evaso dieci prigionieri debbano morire di fame. Alcuni soldati entrano nella baracca del blocco 14, ove si trova anche padre Kolbe.

Soldato tedesco                      

Tutti fuori, svelti!

Fritsch                                                                                             

Un prigioniero è evaso. Voglio immediatamente qui coloro che l’hanno aiutato a fuggire (nessuno si fa avanti).

Fritsch                       

(tre ore dopo) Gettate nel canale il pasto del blocco 14!

Soldato tedesco        

Ordine eseguito, signor comandante.

Il giorno successivo il blocco 14 rimane tutto il giorno allineato nella piazza d’armi. Molti cadono. Vengono buttati in un mucchio di cadaveri ai bordi del campo. Ritornano dal lavoro anche gli altri blocchi.

Fritsch                    

Eravate stati avvertiti che per ogni prigioniero che evade dieci di voi devono morire!  (passa in rivista i prigionieri e inizia a scegliere i dieci condannati)

Prigioniero Gajowniczek        

No! Pietà! Non voglio morire! Ho moglie e figli.

(Kolbe esce dalla fila e si dirige a passo svelto verso il comandante)

Fritsch                       

Che cosa vuole questo sporco polacco?

Kolbe                                      

Sono un sacerdote cattolico. Vorrei morire al posto di uno di quelli.

Fritsch                                      

Per chi vuoi morire?

Kolbe                                                                                            

Voglio prendere il suo posto (indica Gajowniczek) perché lui ha moglie e figli.

Fritsch                                                                                             

Se ci tieni tanto a morire fai pure. Ci sarà un pretonzolo in meno. Portateli via!

 

(I condannati vengono denudati e gettati in una cella buia, condannati a morire per fame. Nel bunker, il “piccolo padre”, come tutti lo chiamano, consola i prigionieri)

 

Kolbe                                                                                            

Non odiate i vostri nemici: l’odio non è una forza creativa. Solo l’amore è forza creativa. Preghiamo e cantiamo. Il Signore ci conceda il perdono dei peccati e perdoni i nostri persecutori. Santa Maria, prega per noi.

 

Tutti                                       

Amen

 

(Anche nelle celle vicine i prigionieri rispondono alle preghiere e ai canti di padre Kolbe. Egli se ne sta appiattito con le spalle alla parete di fondo, senza lamentarsi. Anche i soldati, che ogni mattina ispezionano il bunker, lo guardano con rispetto)

 

Soldato tedesco                                                                             

Questo prete è davvero un uomo giusto. Non abbiamo mai visto uno come lui!

 

L’eco della preghiera penetra attraverso i muri, di giorno in giorno sempre più debole; si trasforma in un sussurro, si spegne lentamente insieme al respiro umano. Il campo tende l’orecchio a quelle preghiere. Ogni giorno la notizia che i condannati continuano a pregare fa il giro della baracche. La solidarietà umana, annientata dalle barbarie, ricomincia a fiorire. La morte che lentamente consuma quei corpi, non è morte di bestie, come pensano i torturatori, ma di uomini che hanno ritrovato dignità almeno nel morire.

Il 14 agosto 1941, Kolbe e gli altri tre, ancora in vita, vengono uccisi con un’iniezione.

 

Raccontò, in seguito, il carceriere del bunker:

 

Carceriere                                                                                       

Quando aprii la porta di ferro, non viveva più; ma mi si presentava come se fosse vivo, ancora appoggiato al muro. La faccia era raggiante in modo insolito. Gli occhi largamente aperti e concentrati in un punto. Tutta la figura come in estasi. Non lo dimenticherò mai.

 

da A. Sicari, Ritratti di santi, Jaca Book, Milano 1989

Quando il papa Giovanni Paolo II, il 10 ottobre 1982, ha dichiarato Massimiliano Kolbe santo “martire della carità”, alla celebrazione in San Pietro era presente, ormai ottantenne, Francesco Gajowniczek, l’uomo per cui Kolbe dette la vita.     

 

 

 

Edith Stein

 


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Ultima di undici figli, Edith Stein nasce a Breslavia il 12 Ottobre 1891, in una famiglia ebrea. Perso il padre in tenera età, viene educata dalla madre, una donna forte votata esclusivamente alla famiglia e al lavoro. La ragazza si rivela molto portata per gli studi e dopo la laurea diventa assistente personale del filosofo Husserl, a Friburgo. Perde la fede in Dio e si allontana dalle pratiche religiose, assorbita nelle dispute filosofiche. La ricerca del senso della storia e dell’esistenza individuale, unite alla conoscenza della testimonianza cristiana di una sua amica, la vedova Reinach, e alla lettura della “Vita” di santa Teresa d’Avila, la portano lentamente alla conversione al cristianesimo. L’ascesa al potere del nazismo non le consentì di continuare l’attività di insegnamento, a causa dei provvedimenti anti-ebraici. Decide allora di entrare nel convento Carmelitano di Colonia, dove prende il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce; lì scrive diversi testi, fra cui una Autobiografia, scritti filosofici e scritti spirituali. Per sfuggire alle persecuzioni ebraiche viene portata nel convento di Echt, in Olanda. Arrestata dai nazisti, muore ad Auschwitz, il 9 agosto 1942. È proclamata santa e co-patrona d’Europa nel 1998, da Giovanni Paolo II.