Gesù, Gandhi, Buddha, Maometto   

Approfondiamo le figure di questi personaggi che tanta parte hanno avuto nelle religioni e nella storia dell’umanità.

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Mohandas Karamchand Gandhi politico e filosofo indiano è stato una delle più importanti guide spirituali dell’India del Novecento. Per il suo impegno a favore della pace e per la teoria e la pratica della non violenza gli è stato attribuito l’appellativo di mahatma (grande anima). Un corpo minuto reso ancora più esile dai digiuni, vestito di bianco con ai piedi un paio di sandali, testa pelata e occhialini rotondi, questa l’immagine di un uomo che ha lasciato un segno. Nasce a Portbandar in India il 2 ottobre 1869, studia all’università e si laurea a Londra in giurisprudenza. Esercita la professione di avvocato per pochi anni a Bombay e nel 1893 si reca in Sudafrica con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana e vi rimane più di venti anni. Qui conosce la realtà della segregazioni razziale che vivono gli immigrati indiani. L’indignazione lo porta alla lotta politica e da allora si batterà per il riconoscimento dei diritti dell’uomo lanciando il suo metodo di lotta basato sulla non violenza, una forma di non collaborazione radicale con il governo britannico concepita come mezzo di pressione di massa. Gandhi giunge all’uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni pacifiche e le marce. Ottenuti buoni risultati porta lo stesso modello di lotta in India che conquisterà l’indipendenza il 15 agosto 1947.

 

Il pensiero di Gandhi si può riassumere in tre punti:

  1. autodeterminazione dei popoli – riteneva fondamentale il fatto che gli indiani potessero decidere come governare il loro paese, perché la miseria nella quale si trovava dipendeva dallo sfruttamento delle risorse da parte dei colonizzatori britannici.
  2. non violenza – è necessario precisare che tale precetto non si ferma ad una posizione negativa (non fare il male) ma possiede la carica della benevolenza universale e diventa l’amore puro comandato dai testi dell’Induismo, dai Vangeli e dal Corano. La non violenza è un imperativo religioso prima che un principio dell’azione politico-sociale. Il Mahatma rifiuta la violenza come strategia di lotta in quanto la violenza suscita solamente altra violenza. Di fronte ai violenti e agli oppressori, però, non è passivo, anzi. Propone una strategia che consiste nella resistenza passiva il non reagire, la disobbedienza civile, il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste.
  3. tolleranza religiosa – “il mio più intimo desiderio è di realizzare la fratellanza tra tutti gli uomini, indù, musulmani, cristiani, parsi e ebrei” Gandhi sognava la convivenza pacifica e rispettosa dei tantissimi gruppi etnici e delle diverse professioni religiose presenti in India. Queste a suo avviso erano delle ricchezze che dovevano convivere e non dividere politicamente la nazione.

 

Il messaggio che ci lascia è molto attuale, dimostra che la forza di un singolo uomo può diventare la forza di un popolo intero. Gandhi ci invita a “cercare la propria strada e seguirla senza esitazioni” e a “non aver paura”. Rivolgendosi a ciascuno di noi aggiunge “affidati alla piccola voce interiore che abita il tuo cuore”.

Morì nel 1948 vittima di un fanatico indù.

Rispetto a Gesù così si esprimeva:

 Per me egli è stato uno dei più grandi maestri che l’umanità abbia mai avuto. Per i suoi seguaci egli è stato l’unigenito Figlio di Dio.

Il fatto che io accetti o non accetti questa credenza può fare sì che Gesù abbia una maggiore o minore influenza sulla mia vita?

Tutta la grandezza del suo insegnamento e della sua dottrina mi dovrà essere preclusa? Non posso crederlo.

La mia interpretazione è che la vita di Gesù è la chiave della sua intimità con Dio; e che egli ha espresso, come nessun altro avrebbe potuto, lo spirito e la volontà di Dio. È in questo senso che io lo vedo e lo riconosco come figlio di Dio.

Credo che egli appartenga non solo al cristianesimo, ma al mondo intero, a tutte le razze e a tutti i popoli. E poco importa sotto quale bandiera, nome o dottrina essi operino, professino la fede o adorino Dio ereditato dai loro antenati.

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Buddha

Nato verso il 566 a.C. da una ricca famiglia gli viene imposto il nome di Siddharta Gautama ma in seguito sarà indicato con altri appellativi sui quali emerge quello di Buddha che significa l’Illuminato, il Risvegliato.

Fu allevato in mezzo alle comodità e ad lusso principesco, si sposò ed ebbe anche un figlio. Tuttavia, nonostante le precauzioni del padre, anche lui incontrò le miserie umane: un vecchio, un cadavere, un malato. Questi tristi realtà della vita lo impressionarono profondamente. Desideroso di conoscere le cause della miseria presente nel mondo, a circa 30 anni abbandonò tutto e tutti per condurre vita eremitica alla ricerca di una soluzione dell’enigma della vita.

Insoddisfatto delle risposte di altri maestri, dopo digiuni estenuanti, capì che la conoscenza della salvezza poteva trovarla solo nella meditazione personale. Abbandonò le mortificazioni eccessive e a 35 anni, dopo quarantanove giorni di riflessione ai piedi di un albero di fico, in una notte di luna piena del mese di maggio, raggiunse l’illuminazione. Comprese le Quattro nobili verità: sul dolore, sull’origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore. Animato da profonda pietà per gli uomini e dal desiderio di salvarli, si diresse verso Benares seguito da cinque discepoli affascinati dalla bellezza della sua dottrina e percorse per oltre quarant’anni il Nord dell’India insegnando e predicando il suo messaggio di speranza e di felicità che si raggiunge non come dono dalla grazia di Dio ma come conquista del proprio intelletto e della propria volontà; anche perché su Dio, Buddha preferì tacere. Secondo le tradizione Buddha morì all’età di 80 anni, circondato dai suoi seguaci, ai quali lasciò le sue ultime disposizioni. Prima di spirare, rivolgendosi ai discepoli disse: "Ricordate, o fratelli, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Attuate con diligenza la vostra propria salvezza!"

Con la morte di Buddha, datata al 486 a.C., inizia il vero cammino del buddhismo come movimento religioso. Nella sua dottrina Buddha non accennò mai ad un aspetto divino dell'illuminazione e personalmente evitò sempre di esprimere un opinione su Dio e sul suo ruolo in relazione alle vicende umane.

La figura di Buddha è, per antonomasia,  quella di un rinunciatario, un asceta, che praticò e predicò una vita religiosa nella quale la partecipazione individuale in una comunità era di primaria importanza, così come la disciplina, la concentrazione e l’autocontrollo.

Non esiste infatti una sola biografia del Buddha, ma ne esistono diverse, che contengono leggende e tradizioni legate ai luoghi dove sono state scritte: non possiamo parlare di verità storiche, ma di verità “culturali”, nel senso che ci fanno capire dove si innestano i fondamenti del Buddismo.

Probabilmente la storia di Buddha è la storia della nostra umanità e dunque appartiene a tutti noi, anche se professiamo credi o religioni diverse, anche se non crediamo in alcun Dio.

 

Gesù e Buddha. Destini incrociati del cristianesimo e del buddhismo 

L’affinità più sorprendente fra Gesù e il Buddha riguarda il concetto di amore: entrambi, infatti, predicano la Regola d’Oro, in base a cui ogni uomo deve trattare il suo prossimo come se stesso. Molte delle più note affermazioni di Cristo, in ordine al fatto di porgere l’altra guancia, di amare i propri nemici; nonché  l’idea che chi di spada ferisce, di spada perisce, si rispecchiano nelle parole del Buddha.

“La dottrina morale del Buddha”, osserva Burnett Hillman Streeter, illustre studioso di Oxford, “è sorprendentemente simile al discorso evangelico”. Inoltre, le parole dette da Gesù sulla montagna costituiscono il suo più grande insegnamento, esattamente come il Dhammapada, concettualmente affine al Sermone, costituisce il libro più importante del buddhismo: se esso è la trasposizione scritta in lingua pali della tradizione orale sorta tra i primi iniziati buddhisti, il discorso evangelico della montagna e altre parti dei quattro Vangeli vengono infatti attribuiti ai primi seguaci di Cristo.

“Ciò che volete gli uomini facciano a Voi, anche voi fatelo a loro”. (Luca 6,31)

“Chi considera (gli altri) uguali a se stesso non danneggia, non uccide”. (Dhammapada X, 129-130)

“A chi ti percuote sulla guancia porgi anche l’altra”. (Luca 6,29)

“Se qualcuno ti colpisce con la mano, con un bastone, o con un coltello, dovresti abbandonare ogni desiderio e non pronunciare parole malvagie”. (Majjhima Nikaya 21, 6)

“Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’a chiunque ti chiede; e a chi prende il tuo, non richiederlo”. (Luca 6, 27-30)

Ecco proprio in causa dell’ostilità mai si placa l’ostilità, solo con la non ostilità si placa: questo e’ immutabile elemento.

“Con la calma vinci l’ira, col bene vinci il male. Vinci la miseria con la liberalità, con la verità, la menzogna”. (Dhammapada I, 5; XVII, 223)

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Maometto

Maometto è per ogni musulmano il modello a cui far riferimento. Il profeta, così lo chiamano i musulmani, è non solo un maestro, cioè colui che ha fatto in modo che la verità si diffondesse nel mondo, ma è anche un esempio di vita, un modello cui tendere. Maometto, che in realtà si chiamava Abul-Kasim ibn Abd-Allah e che fu detto Muhammad, cioè il "glorificato", nacque nella ricca città di La Mecca nel 570 d.C. Il padre, che era un commerciante, morì prima della sua nascita L'infanzia di Maometto fu segnata da tante sofferenze. Quando aveva appena sei anni, gli morì anche la mamma, a otto anni perse anche il nonno e fu accolto da uno zio. Questi lo face lavorare come cammelliere. Lavoro molto duro ma venne a contatto con gente di culture e religioni diverse: cristiani, manichei, ebrei, ecc. Con il commercio Maometto non si arricchì, anzi acquistò fama di uomo onesto e giusto. A venticinque anni entrò al servizio di Khadigah (555-620), vedova quarantenne di un ricco mercante. Per lei Maometto organizzò e guidò alcune spedizioni carovaniere. Diventò il suo uomo di fiducia e, nel 595, suo marito Gli sposi condivisero per venticinque anni un matrimonio felice, dal quale nacquero due figli maschi, morti precocemente, e quattro figlie. Una delle figlie, Fatima, acquisì uno speciale rilievo in seguito al suo matrimonio con Muhammad Ali, successore di Maometto.

Godendo di una buona ricchezza Maometto decise di dedicarsi alla meditazione, da cui si sentiva  fortemente attratto. Si ritirava per alcuni giorni dell'anno nella solitudine di luoghi montagnosi e desertici nelle vicinanze di La Mecca. In una notte dell'anno 610, a Maometto, mentre era in una grotta sul monte Hira, sarebbe apparso in sogno l’angelo Gabriele che gli annunciava la sua missione: quella di predicare il messaggio che gli è stato affidato da Dio. Ulteriori rivelazioni nel corso degli anni costituiranno il testo del Corano. Khadigah fu la prima a credere nella missione del marito. Durante la sua Missione a La Mecca, che durò ben dieci anni, Maometto annunciò la fine dei tempi ed esortò alla penitenza, ma, per la sua iniziale opposizione al culto della pietra nera, si trovò contro i mercanti della città. Fu costretto alla fuga (anno 622) nella città di Yatrib, poi chiamata Medina, che vuol dire "Città del Profeta". La Kaaba, santuario che contiene la pietra nera, era un santuario pagano meta di pellegrinaggi e fonte di sostentamento per tanti sacerdoti. Secondo la rivelazione, così come dice il Corano, la Kaaba, era stata costruita da Abramo e da suo figlio Ismaele e ha quindi dovuto essere reintegrata nella società musulmana. Nel 630 Maometto riuscirà a ritornare alla Mecca e nel 632 morirà.


Gesù e Maometto

Secondo l’Islam Gesù è un grande profeta, ma è soltanto un uomo, mentre per i cristiani è vero Dio e vero uomo.

Al ruolo che Gesù occupa nel Cristianesimo non corrisponde Maometto, che è il più grande dei profeti, ma anch’egli semplicemente un uomo, bensì il Corano, Verbo di Dio fatto Libro alla Mecca e a Medina; il Corano è il vero centro dell’Islam.
Per questo motivo i musulmani non sono “maomettani” (per loro è un’offesa ed un segno di ignoranza sentirsi chiamare così); autore del Corano e fondatore della loro religione è Dio, non Maometto, che è solo un suo messaggero. Maometto nel Corano (33, 40) viene proclamato “sigillo dei profeti”, cioè ultimo dei profeti in ordine di tempo, ma primo per dignità.

Secondo l’Islam Gesù avrebbe anche predetto la venuta di Maometto. Nella sura 7, Dio afferma: "Concederò la mia misericordia [...] a quelli che seguono il Messaggero, il Profeta illetterato che trovano annunciato presso di loro nel Pentateuco e nel Vangelo” (7, 157).

In maniera ancora più esplicita, la sura 61 dice: “Ricorda inoltre quando Gesù, figlio di Maria, disse: O figlio d’Israele! In verità io sono il messaggero di Dio, mandato a voi per confermare il Pentateuco rivelato prima di me e per dare il lieto annuncio di un messaggero che verrà dopo di me e che sarà chiamato Ahmad (Maometto)” (61, 6).

Ahmad è infatti uno dei nomi di Maometto (in arabo classico: Muhàmmad), come anche Mahmûd e Hamîd, tutti sinonimi dal significato di “Molto lodato” o “Glorificato”, ed insieme a molti altri nomi meno usati (circa 200 nomi in tutto).
A conferma del Corano, i commentatori islamici citano soprattutto il passo del Vangelo di Giovanni in cui Gesù promette il Paràclito, cioè lo Spirito Santo (Gv 15, 26). I musulmani accusano i cristiani di aver falsificato il testo greco, sostituendo il termine paràclytos, cioè “consolatore”, al termine perìclytos, cioè “famoso”, simile al significato dell’arabo Ahmad. Naturalmente non accettano le parole del Vangelo in cui si dice che il Paraclito procede da Dio Padre e fa parte della Trinità.

Probabilmente Maometto non ha mai conosciuto la vera figura di Gesù, ma solo deformazioni eretiche della vera fede. È difficile valutare con esattezza la posizione occupata da Gesù nella vita pratica dei musulmani.
Di Gesù parlano volentieri i sufi, o mistici, e i musulmani di mentalità aperta con i loro amici cristiani, professando magari la loro fede in lui come in tutti i profeti coranici, ma nulla di più.