La croce, un segno universale

 

 

 

Il segno che chiamiamo croce viene nella comune mentalità associato allo strumento di tortura su cui morì Gesù per amore.

In realtà il segno della croce esisteva già migliaia di anni prima dell'era cristiana ed era un segno di vita.

 

Particolare di rilievo dalla tomba di Ramses IV nel quale si può notare la cosiddetta croce ansata egizia (Ankh), Valle dei Re, Egitto.

 

In Egitto (3000 a.C.) la croce era uno dei segni geroglifici più antichi, detto Ankh, e voleva dire “vita” ed era caratteristica esclusiva degli dèi.

In India (3500 a.C.) ritroviamo la croce uncinata (svastica) che era un simbolo solare, collegata al culto del dio Vishnu, il dio che simbolizzava la vita che si rinnova in perpetuo. I popoli indoeuropei hanno successivamente con le migrazioni diffuso questo segno in Europa.

In America (civiltà precolombiane) è documentata la croce nel culto al Sole e della fertilità.

 

Dipinto di una croce svastica presso un villaggio di Coimbatore, in India

 

 

Anche tra gli Ebrei ritroviamo un segno simile alla croce, il tau, che è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico che aveva significato di salvezza e di comunione con Dio. Prima della morte di Gesù nelle tombe degli ebrei si disegnava tale segno. In Esodo 12,7 si racconta che il segno tau fu tracciato con il sangue dell'agnello sulle case degli ebrei per contraddistinguerle da quelle degli egiziani, salvando così i figli primogeniti dalla morte.

 

Sawai Chinnawong, La gloria della Croce, 2003, Tailandia.

 

Per i cristiani la croce è simbolo della salvezza, dato che Gesù ha scelto e ha accettato la morte in croce per amore; la croce, strumento di morte e dolore, portata da Gesù diventa segno d'amore. Per quasi due millenni tutta la società italiana ed europea ha sentito come propri questi due simboli, con delle vistose eccezioni: la rivoluzione comunista in Russia (1917-1989), che ha spazzato via croci e crocifissi; il nazismo (1933-1945) che ha sostituito la croce con la croce uncinata, trasformando di fatto un segno di luce e di vita in un simbolo di distruzione e di morte.

 

 

Il crocifisso nell'arte

 

Andrea da Firenze, Crocifissione, 1370-1377, Pinacoteca del Vaticano.

 

È interessante scoprire che i primi cristiani non hanno mai rappresentato Gesù sulla croce e che lo fecero solo a partire dal V secolo: inizialmente crocifisso ma vivo e soltanto verso la fine dell'anno mille morto. La corona di spine la troviamo solo a partire dal XII secolo.

 

Nei primi quattro secoli nessun artista cristiano ha mai rappresentato Gesù inchiodato alla croce: non se ne è trovato traccia, salvo alcune piccole gemme su cui è tracciata schematicamente la scena del Calvario (provengono da ambienti eretici) e un graffito scoperto su una parete dell'alloggio dei paggi del palazzo imperiale al colle Palatino, a Roma ( metà secolo II d.C.). Il graffito rappresenta una croce su cui è appeso un uomo con la testa d'asino; accanto c'è una figura che compie un gesto di adorazione. Una scritta in greco dice "Alexamenos adora (il suo) Dio". Il fatto non può non sorprendere: il primo crocifisso trovato dagli archeologi è stato disegnato da un pagano per irridere un collega cristiano.

 

Miniatura del Codice di Rabula, Crocifissione, VI secolo, Biblioteca Nazionale, Firenze.

 

Dal V al IX secolo la teologia che guidava la mano degli artisti del tempo era incentrata sul rappresentare il mistero pasquale, la vittoria di Gesù e non la sua sconfitta: Gesù è rappresentato crocifisso ma vivo, non piagato dai colpi subiti.

Si ha quasi la certezza che le prime due crocifissioni siano di origine italica, ambedue risalenti agli anni 420-430. Si tratta:

- del bassorilievo del primo riquadro in alto a sinistra della grande porta lignea della Basilica di Santa Sabina in Roma;

- dell'immagine scolpita su un piccolo reliquiario di avorio conservato al British Museum di Londra.

In ambedue gli esempi Gesù viene raffigurato come una figura solenne: è vivo, senza alcun segno di sofferenza.

Accanto a questo schema iconografico, italico, prese forma in seguito un altro modo (di origine orientale) di rappresentare la crocifissione: l'esempio più antico a noi rimasto risale all'anno 586. È una pagina dell'evangeliario di origine siriaca del monaco Rabula, conservato nella Biblioteca Laurentina di Firenze. Rispetto allo schema precedente, Gesù è coperto da una specie di camice (il colobium) e la scena è più complessa: ci sono i due ladroni, le pie donne, Maria e Giovanni, il soldato che porge la spugna imbevuta di aceto e fiele e il centurione che trafigge il costato con la lancia.

A partire dal secolo VII troviamo delle crocifissioni poste nelle chiese. In questo periodo compaiono i primi crocifissi veri e propri, intesi come figure isolate, non inserite in scene. Significativo è il crocifisso di Lucca (VIII-X sec. d.C.): tutti i pellegrini che dal Nord dell'Europa andavano verso Roma si fermavano nella città di Lucca per venerare l'immagine del Sacro Volto e poi ne portavano copia con sé.

 

Particolare della porta lignea della Basilica di Santa Sabina a Roma con una delle prime raffigurazioni della Crocifissione.

 

Amico Aspertini, Processione con il Volto Santo di Lucca, 1508-1509, chiesa di San Frediano, Lucca.

 

Dal X al XIV secolo continua la tradizione di rappresentare sulla croce Gesù vivo e non sfigurato dalle sofferenze: ricordiamo per esempio il crocifisso di San Francesco a San Damiano in Assisi. La forma e il materiale cambiano (sono sculture in legno) ma non il messaggio di un Cristo trionfante.

In questo stesso periodo, però, il tema della sofferenza e della morte incomincia a farsi più esplicito e diverrà sempre più presente nei secoli successivi. Nasce, così, un nuovo schema iconografico: il corpo di Gesù è esangue, gli occhi si chiudono, la testa si piega in avanti nell'abbandono della morte; i segni della flagellazione, dei chiodi e del colpo di lancia vengono resi sempre con maggior evidenza. Nel XII secolo compare per la prima volta la corona di spine.

Perché si inizia a dare ora tanta importanza al tema del dolore e della sofferenza?

Il tema della passione e della morte di Gesù diventa per la teologia di questi secoli un tema centrale perché la passione e la morte di Gesù testimoniano l'amore di Dio per l' uomo: Gesù muore in croce al posto nostro. Con la sofferenza e la morte il Figlio di Dio ha annullato i diritti che Satana aveva acquistati sull'uomo a causa del peccato.

 

Particolare del Crocifisso cosiddetto di San Damiano ad Assisi.

 

Crocifissione in una miniatura del Codice detto Hortus Deliciarum, XII secolo. La composizione è ricca di simbologia: in primo piano la Chiesa su una cavalcatura ha per volto i simboli dei quattro evangelisti e tiene in mano il vessillo della vittoria; a lato la Sinagoga (Israele) su un asinello con il volto velato, è ritratta come colpevole di non aver riconosciuto in Gesù il Messia e tiene in mano la Legge di Mosè.

 

Dal XV al XIX secolo due sono i fattori che hanno portato un cambiamento nella figura del crocifisso. In primo luogo l'arte e la fede prendono strade diverse: oggetto di interesse è tutto ciò che è osservabile, misurabile, sperimentabile. Il resto perde di importanza. Se prima nella volta del cielo erano presenti angeli e santi, ora la volta è opaca. La concretezza guida la rappresentazione, non più il significato religioso.

In secondo luogo emerge una maggiore sfiducia nell'uomo: il tema della sofferenza di Cristo acquista sempre più rilievo. Mentre la Chiesa Cattolica continua a prestare grande attenzione ai tempi della misericordia di Dio, il protestantesimo sottolinea che l'uomo essendo totalmente immerso nel peccato, è incapace di compiere il bene; il dolore e la morte di Cristo sono il pagamento del debito infinito contratto dall'umanità con Dio. La riforma protestante non conosce quasi altra raffigurazione che il Cristo sofferente e crocifisso. Tutte e due le tendenze sottolineano la sofferenza di Cristo: sulla croce non c'è la persona di Gesù, ma il suo cadavere.

 

Mathias Grunewald, Crocifissione, pannello centrale della pala d'altare della chiesa di Isenheim, XVI secolo, Museo di Colmar Francia.

 

 

Oggi i lavori artistici più significativi da un punto di vista religioso bisogna cercarli nei musei e non nelle nuove chiese. Sono evidenti però segni di una nuova sensibilità: si ricorre spesso allo stile delle icone, si riutilizzano gli schemi iconografici dei primi secoli, reinterpretandoli; molto belli sono alcuni prodotti delle comunità di base latino-americane: viene ripreso il tema dello splendore della croce, ma lo si traduce con scene di vita quotidiana luminose e piene di serenità. Il messaggio cristiano non è la proposta di una concezione pessimistica e sacrificale della vita, bensì la prova che il male e la morte non sono più l'ultima parola sull'esistenza umana.

 

Paul Gauguin, Crocifissione (detta il Cristo giallo), XIX secolo, Folwang Museum, Essen.