Perché il crocifisso a scuola?
Il 3 novembre 2009 la Corte
Europea di Strasburgo ha emanato la sentenza “Via i crocifissi dalle aule
delle scuole italiane”. Perché? In seguito a quale avvenimento?
Cerchiamo di capire che cos'era
successo precedentemente.
Nel 2002: una famiglia del
comune di Abano terme (PD) fa ricorso al Tar del Veneto perché ritiene che il
crocifisso appeso nell'aula dell'Istituto Comprensivo frequentato dai figli
danneggi la libertà religiosa della famiglia stessa.
Nel luglio 2006: dopo vari
passaggi (dal TAR del Veneto, sentenza del 17 marzo 2005, n. 1110, alla
sentenza del 13 gennaio 2006, n. 556 del Consiglio di Stato), non ottenendo
consensi favorevoli in Italia, la famiglia avanza il ricorso alla Corte Europea
di Strasburgo per la difesa dei diritti umani.
Il 3 novembre 2009: la Corte
accoglie il ricorso della famiglia e sentenzia che lo Stato Italiano deve
togliere da tutte le aule scolastiche il crocifisso e deve rimborsare
economicamente la famiglia per i danni morali subiti. Ecco la sentenza: (l'oggetto)
può essere facilmente interpretato dagli studenti di tutte le età come un
simbolo religioso, (al punto che) essi si sentiranno educati in un ambiente
scolastico caratterizzato da una particolare religione. (Dato che lo Stato non
può) imporre, anche indirettamente, credenze nei luoghi in cui le persone sono
a suo carico o nei luoghi in cui queste persone sono particolarmente
vulnerabili, l'esposizione del crocifisso limita il diritto dei genitori di
educare i loro figli secondo le proprie convinzioni e il diritto degli alunni
di credere o di non credere.
Dal giorno della sentenza si sono
levate in massa voci contrarie e voci favorevoli. In alcune testate di giornale si lesse:
Le
norme sull’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche sono presenti
nell’art. 118 del Regio Decreto del 30 aprile 1924, n. 965 e nell’art. 119 del
Regio Decreto del 26 aprile 1928, n. 1928 e nella tabella C allegata allo
stesso. In un parere del 27 aprile 1988 il Consiglio di Stato precisa che la
Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta un simbolo della
civiltà e della cultura cristiana, della sua radice storica come valore
universale, indipendente da specifica confessione religiosa. In altre
parole, il crocifisso è sì significativo per i cristiani, ma non costituisce motivo di costrizione a
credere (Circolare Ministeriale 9 giugno 1988, n. 1577).
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Tu che ne pensi di questa vicenda? Hai
avuto occasione di confrontarti con altre persone sulla questione del
crocifisso nell'aula a scuola? Com'è la situazione in altri Stati Europei? Ci
sono stati casi analoghi a quelli italiani?
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Riportiamo di seguito alcune
dichiarazioni espresse da persone credenti e non credenti sull'argomento
“crocifisso”, sulle quali ti invitiamo a riflettere. Ti invitiamo a cercarne
altre sul tema in modo tu possa ampliare il tuo sguardo ed esprimere le tue
convinzioni in proposito.
Cosa
significa togliere un crocifisso da un’aula o da una scuola? Togliere un
crocifisso non è soltanto togliere quell’oggetto da quel muro, ma è anche un
atto di volontà con il quale si vuole togliere il fatto che l’interpretazione
della condizione umana e della storia, prescindono dal fatto, più volte
ripetuto da più parti, che la storia, la cultura, la tradizione e l’identità
italiana ed europea non possono fare a meno dall’elemento cristiano, per cui
togliere dalle scuole i crocifissi, i presepi e le recite di Natale, gli auguri
(e le vacanze) di Natale e di Pasqua, le festività dei morti e dei santi,
perfino il nostro calendario e parte del nostro vocabolario, corrisponde a
cancellare una buona parte della nostra storia, della nostra cultura, della
nostra tradizione e della nostra identità. Non concludo con una difesa dei
crocifissi e delle altre usanze cristiane. Non ne avrebbero bisogno. Non tanto
perché sanno difendersi benissimo da sé, quanto piuttosto perché non gli
interessa difendersi. Concludo, invece, in difesa di una scuola statale
intelligente, aperta, accogliente, che, disponibile a essere rispettosa di
tutti, non si occupa di catechizzare, in nessuna direzione (non è forse
possibile catechizzare anche all’ateismo?), non si propone né di cristianizzare
né di scristianizzare, né di promuovere la fede né di ostacolarla, proprio
perché il suo ambito, il suo compito, il suo ruolo e la sua funzione prescindono
da quello delle chiese; in difesa di una scuola che, facendo a meno di farsi
carico di faccende religiose, non rinuncia alla propria storia, alla propria
cultura, alla propria tradizione, alla propria identità.
(Alessandro Muni, insegnante
di scuola statale primaria)
Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle
scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici di destra, centro,
sinistra e persino dal Vaticano (...). Se dobbiamo difendere il crocifisso come
“arredo”, tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il
simbolo di una “tradizione” (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della
presunta “civiltà ebraico-cristiana”(...).
Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo
indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola
ambigua, accomodante, politichese. È, da duemila anni, uno “scandalo” sia per
chi crede alla risurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della
crocifissione. L’immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e
speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità
(“date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”) e gratuità
(“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”).
Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli
interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all’asta. Gesù Cristo è
riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come
un grande profeta. Infatti fu proprio l’ideologia più pagana della storia, il
nazismo - l’ha ricordato Antonio
Socci - a scatenare
la guerra ai crocifissi.
Eppure basta prendere a prestito il lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: “Il crocifisso non
genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana,
che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad
allora assente… Perché mai dovrebbero sentirsene
offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto
nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai
detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i
bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola”.
Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori,
insegnanti, ragazzi: e nessuno - ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che
sia - si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso.
(Marco Travaglio, giornalista e scrittore)